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Addominoplastica, brevi note di tecnica

Con il termine di “addominoplastica” si fa solitamente riferimento all’addominoplastica completa, tecnica che prevede, oltre all’incisione curvilinea fra le due spine iliache anterosuperiori, anche quella circolare attorno all’ombelico che ne permette l’isolamento e la successiva trasposizione. In questo caso, tutto il lembo cutaneo adiposo posizionato fra il margine inferiore della circonferenza ombelicale e che, con andamento curvilineo, scende a raggiungere l’incisione arciforme fra le due spine iliache anterosuperiori viene rimosso e i due lembi rimanenti vengono avvicinati e chiusi con sutura diretta. Naturalmente l’ombelico sottostante viene fatto riemergere nella corretta posizione ed i margini cutanei suturati. L’ampio scollamento dei tessuti, esteso solitamente in alto fino al margine inferiore delle arcate costali, permette alcune manovre tipico corollario di questo intervento, quali la sintesi sulla linea mediana dei muscoli retti addominali lungo tutta la loro estensione, qualora fosse presente diastasi degli stessi, oppure interventi riparativi di maggiore calibro eseguiti di concerto con lo specialista chirurgo generale, quali la riparazione diretta di ernie e/o il posizionamento di reti in materiale alloplastico per rinforzare maggiormente la “tenuta” della parete addominale. Questa procedura viene eseguita in regime di ricovero, in anestesia generale e richiede almeno una notte di osservazione in reparto, potendosi programmare la dimissione il giorno successivo, salvo diverse valutazioni. Ad essa può essere associata la lipoaspirazione della sola regione dei fianchi, allo scopo di modellare ulteriormente la regione addominale. Estendere la procedura di lipoaspirazione al lembo cutaneo adiposo appena scolpito, è procedura rischiosissima per l’integrità e la successiva guarigione dei tessuti, risultandone per gli stessi un traumatismo di portata eccessiva. Tale manovra viene infatti grandemente sconsigliata in tutta la letteratura scientifica sull’argomento.

Con il termine di “miniaddominoplastica” o “addominoplastica sottombelicale” si suole definire una procedura a minore impatto nella quale, a fronte dell’incisione curvilinea analoga a quella dell’addominoplastica che definiremo “maggiore”, lo scollamento del lembo cutaneo adiposo è limitato verso l’alto, non raggiungendo nemmeno il margine inferiore della circonferenza dell’ombelico, che quindi non viene isolato e successivamente trasposto. Anche in questo caso la chiusura della breccia chirurgica viene eseguita per sutura diretta dei margini e l’ombelico risulta solo leggermente stirato verso il basso, mantenendo comunque una congrua posizione. Questa procedura si configura chiaramente come meno invasiva della precedente, permettendo l’asportazione di una porzione di tessuto decisamente inferiore, oltre a manovre già citate, quali la sintesi dei muscoli retti addominali, limitata all’area dello scollamento. Stante il minore traumatismo sul lembo cutaneo adiposo inferiore e nullo su quello superiore sovra ombelicale, risulta possibile procedere allo sgrassamento mediante lipoaspirazione dell’intero addome, non risultandone un traumatismo per i tessuti di eccessiva entità. Anche questa procedura viene eseguita in regime di ricovero e in anestesia generale, prevedendosi per essa una notte di osservazione in reparto con dimissione il giorno successivo, salvo diverse indicazioni.

Questa semplice descrizione consente anche al profano di comprendere come le indicazioni cliniche ai due interventi differiscano in maniera sostanziale. Nel caso in cui la lassità dei tessuti addominali coinvolga tanto l’addome superiore quanto quello inferiore e se ad essa si associno una estesa diastasi dei muscoli retti addominali o lesioni di varia entità della parete addominale, chiaramente l’indicazione è per la procedura completa.  Nel caso in cui l’inestetismo si limiti ad una ridondanza cutaneo adiposa della porzione inferiore dell’addome, allora entra in gioco l’indicazione per la “miniaddominoplastica” o più correttamente, per “l’addominoplastica sottombelicale” associata o meno alla lipoaspirazione di addome superiore, inferiore e fianchi.

Entrambe queste procedure risultano per i pazienti di estrema soddisfazione. Trattandosi però, in particolare modo l’addominoplastica completa, di interventi invasivi, bisogna attentamente valutare le condizioni generali di salute e le abitudini di vita dei pazienti e la presenza di patologie concomitanti che possano interferire in negativo coi processi di recupero e guarigione. Pazienti diabetici, in particolare se il diabete appare fuori controllo per la cattiva risposta dell’organismo ai farmaci oppure per la non corretta assunzione degli stessi, oppure pazienti portatori di patologie cardiovascolari o nello specifico della coagulazione sanguigna, devono essere valutati con riguardo fino alla controindicazione all’intervento, almeno fino a quando le patologie rientranti nel novero dei criteri di esclusione non risulteranno sotto controllo. Relativamente agli stili di vita, pazienti fumatori oppure forti consumatori di sostanze alcoliche non presentano le caratteristiche di idoneità ad interventi elettivi di questa portata. Gli effetti negativi del fumo, con il corollario della ridotta ossigenazione tessutale, fanno oramai parte del sapere comune e non vale la pena su di essi di dilungarsi ulteriormente. Allo stesso modo l’eccessivo consumo di alcolici e superalcolici sottopone il fegato a degli stress metabolici con conseguente difficoltà dello stesso a supportare l’organismo nei complessi meccanismi riparativi e di rigenerazione tessutale che questi interventi chirurgici comportano.

Complicazioni quali ematomi, difficoltà o rallentamento del processo di guarigione delle ferite, sono patrimonio comune di tutta la chirurgia e possono essere gestiti con un attento monitoraggio del paziente nella fase postoperatoria. Una parola in più va spesa per il sieroma, una complicazione che nelle procedure di  addominoplastica è descritta con una certa frequenza, pur non essendo esclusiva della stessa. Si tratta della formazione di liquido sterile nella parete addominale che, se prodotto in minima quantità, viene riassorbito dai tessuti stessi. Diversamente, richiede la sua aspirazione mediante siringa. Si tratta del risultato di una reazione dei tessuti traumatizzati dall’insulto chirurgico. In buona parte dei casi il tutto si risolve in tempi brevi, poche settimane, monitorando i pazienti con frequenza. In altri casi il processo può durare anche mesi, pur con terapie e controlli adeguati alla situazione. Un ottimo modo di ridurre al minimo i rischi di tali complicazioni, è quello di seguire le indicazioni del chirurgo fornite all’atto della dimissione, inerenti il trattamento farmacologico, le modalità e i tempi della convalescenza e l’utilizzo di medicazioni compressive almeno per il primo mese successivo all’intervento. La compressione esercitata da corpetti, guaine elastiche, pancere contenitive e quant’altro verrà ritenuto idoneo, aiuta grandemente la stabilizzazione nella corretta posizione dei lembi riposizionati, riducendo al minimo il rischio di formazione di  “spazi liberi” che il siero tenderà a occupare.

Scritto da dr. Dauro Reale

Informazioni utili

Addominoplastica – chirurgia addome – liposuzione addominale – https://www.dauroreale.com/chirurgia-addome.html | Dr. Dauro Reale, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica