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Chirurgia estetica

Rinoplastica misurazioni

Valutazioni pre operatorie

Pianificare un intervento di rinoplastica, non significa semplicemente programmare la rimozione del gibbo dorsale (la classica gobba), piuttosto che prepararsi a ridurre il volume e modificare la proiezione della punta. Il naso è una struttura monolitica, ma composta di tutti quegli elementi che abbiamo citato, e di altri ancora. Tutti i pezzi di questo “puzzle” devono risultare perfettamente combinati perché la “figura” risulti armonica. I pazienti possono ingenuamente pensare che il nucleo dell’intervento, la sua vera ragione d’essere, sia costituita dalla eliminazione di quel dettaglio che essi notano fuori proporzione rispetto al complesso della piramide, gobba o punta che sia. E’ esperienza dei chirurghi che situazioni di questo genere siano molto rare. Nella rinoplastica “classica” tutti gli elementi che compongono l’anatomia della piramide nasale vanno armonizzati l’uno con l’altro. Questo in parole povere significa che intervenendo su di un particolare, tutti gli altri dettagli andranno, in misura maggiore o minore, rivisitati. Le simulazioni al computer del possibile risultato della rinoplastica, ora tanto di moda, hanno questo significato. Non tanto fornire una sorta di “garanzia contrattuale” ai pazienti, indicando che “quella immagine simulata” sia esattamente ciò che vedranno nella realtà, ma renderli edotti del fatto che chirurgo e paziente hanno la medesima “visione estetica” e che quindi il profilo, l’immagine che risulta dalla simulazione, costituisca una realistica base di ciò che si tradurrà nel risultato finale.

Documentazione fotografica e pianificazione dell’intervento

Prima di ogni intervento di rinoplastica vengono eseguite le fotografie preoperatorie in differenti pose. Ovviamente, rispettando tali pose e le proporzioni delle immagini, questo procedimento verrà ripetuto successivamente all’intervento, nel cosiddetto “follow-up” che altro non significa che il consueto monitoraggio dell’andamento di un intervento nel tempo, fino a che (solitamente dodici mesi) non si possa ragionevolmente ritenere che il processo di guarigione e la “restitutio ad integrum” dei tessuti sia terminata e che quindi il risultato si possa considerare definitivo. A questo proposito dobbiamo chiarire un punto che può nei pazienti ingenerare confusione. Quando parliamo di un risultato finale che per qualunque intervento deve essere valutato come tale dopo otto/dodici mesi, intendiamo che fino a quella data (esprimiamo sempre valori nella media) un minimo margine di ulteriore modificazione è possibile. Chiaramente si tratterà di dettagli, dei quali però il paziente potrà percepire la differenza. Ovviamente, trascorsi sei mesi il “grosso” dell’esito finale può dirsi raggiunto. I successivi scostamenti, l’ulteriore evoluzione, sarà di dettaglio. I pazienti devono quindi stare tranquilli. Trascorso un ragionevole arco di tempo, variabile da intervento a intervento, che per la rinoplastica possiamo mediamente quantificare in tre/quattro settimane, i pazienti possono riprendere a pieno titolo una vita normale. I successivi minimi “aggiustamenti” saranno di dettaglio e non influiranno sulla vita quotidiana.

Otoplastica cicatrici non visibili

Morfologia ed estetica dei padiglioni auricolari nel contesto del volto

A causa della collocazione dei padiglioni auricolari simmetricamente ai lati del capo, in posizione estremamente visibile, qualunque inestetismo li coinvolga non può che risultare di grande impatto nell’estetica e nell’armonia del volto. Se consideriamo la loro anatomia e morfologia, è facile rendersi conto di quanto ampio possa essere il ventaglio di situazioni che li coinvolga. Passiamo da un semplice inestetismo, per quanto a volte marcato, costituito dall’aumentata apertura dell’angolo fra il padiglione stesso e la testa (cosiddetto angolo oto mastoideo), fino a vere e proprie malformazioni che possono riguardare, in tutto o in parte, gli elementi anatomici che lo compongono. Raramente queste deformità hanno origine postraumatica. Solitamente si tratta di difetti congeniti che si manifestano in tutta la loro evidenza con la crescita del massiccio facciale dell’individuo. Altro capitolo, che esula da queste brevi note, è quello delle malformazioni complesse del volto, nelle quali l’orecchio, non solo nella sua componente esterna, ma spesso anche in quella interna, risulta pesantemente coinvolto. Anzi, le deformità auricolari spesso risultano gli elementi più evidenti di tali malformazioni. Ripetiamo che l’anatomia dell’orecchio è assai complessa e i difetti possono riguardare a vario titolo uno o più dei suoi componenti. Pur limitandoci all’estetica, non possiamo che ribadire quanto questi inestetismi siano vissuti dai pazienti con estrema difficoltà. Prova ne sia che l’otoplastica, termine generico col quale si indica il ventaglio amplissimo di tecniche presenti nella letteratura scientifica necessarie allo scopo di correggere tali deformità, sia l’unico intervento di chirurgia estetica eseguito anche sui bambini, allo scopo di fare fronte all’impatto psicologico di tale difetto che, in ambito scolastico, può risultare ingestibile. Naturalmente fra uomini e donne è differente la gestione di questa problematica. Le donne possono coprire coi capelli lunghi le orecchie a sventola, per gli uomini le cose sono differenti. In teoria per l’uomo è più difficile nascondere il problema, ma come sempre è l’impatto psicologico che fa la differenza. In questo uomini e donne sono uguali. Il medesimo inestetismo può essere vissuto in maniera invalidante da parte di entrambi i sessi; le soluzioni tecnico/cosmetiche per mascherarlo, potranno anche differire, ma il fine, cioè quello di ritrovare armonia col proprio corpo, identiche.  Ripetiamo che a causa dell’anatomia complessa del padiglione auricolare, che comprende strutture cartilaginee embricate fra di loro con diversa tensione e forma, molteplici sono le tecniche di correzione di questi difetti. Solitamente l’accesso chirurgico è posteriore, in modo da non lasciare cicatrici visibili. Esistono però anche procedure che prevedono un accesso anteriore, dove punti sottilissimi vengono posti a chiudere gli accessi, con cicatrici veramente piccole e di fatto invisibili. Ribadiamo che la complessità dell’orecchio è tale, da non potersi parlare di una tecnica specifica per l’otoplastica. Ogni singolo caso va valutato come fosse unico e la tecnica prescelta adattata e calibrata sulle specifiche necessità Si tratta di un intervento eseguibile in regime di day hospital, in anestesia locale accompagnata da una leggera sedazione per maggiore comfort del paziente, con tempi di reale recupero di circa un paio di settimane. I risultati sono duraturi nel tempo e le necessità di un ritocco estetico sono rare.

Si tratta quindi di un intervento di grande soddisfazione per il paziente e per il chirurgo.

Rinosettoplastica

www.dauroreale.com

Dr. Dauro Reale

specializzato in chirurgia plastica ed estetica

Info utili: Per approfondimenti e per prenotare una visita gratuita e senza impegno con il Dr. Dauro Reale Visita la pagina di rinosettoplastica del sito ufficiale.

Interventi di chirurgia estetica al naso più richiesti:

RINOPLASTICA 53%
SETTOPLASTICA 12%
RINOSETTOPLASTICA 35%

Tutta la chirurgia – e la rinosettoplastica non è un’eccezione – presuppone un processo decisionale di strategia che possa essere adattato a ogni singolo caso. La chirurgia non risponde ad un approccio dogmatico. Piuttosto, il contrario. Ma, tuttavia, il professionista non dovrebbe coltivare paradossi, per quanto possano sembrare attraenti. Sebbene la rinoplastica sia l’intervento di chirurgia estetica “più richiesto”, è anche relativamente complesso. Un numero crescente di pubblicazioni e libri su rinoplastiche secondarie sottolineano, a modo loro, che le difficoltà persistono.

Nella grande maggioranza dei casi, indipendentemente dalle motivazioni che spingono il paziente a sottoporsi ad un intervento di rinoplastica o rinosettoplastica, estetico e/o funzionale che sia, qualsiasi modificazione a carico della piramide nasale, così come della punta e specialmente dell’angolo fra la punta ed il labbro superiore, il cosiddetto angolo naso labiale, può avere un impatto sulla funzione ventilatoria e molte correzioni funzionali portano con se, inevitabilmente, un cambiamento nell’aspetto della stessa piramide. Pertanto, la chirurgia nasale è per definizione sia estetica che funzionale, correttiva e restaurativa, non potendosi mai trascurare uno di questi aspetti a vantaggio dell’altro. Il chirurgo plastico deve ripristinare la logica funzionale delle forme anatomiche imposte dalla fisiologia nasale:

  • la posizione in asse del setto nasale
  • il riposizionamento sull’asse mediano del dorso nasale
  • l’armonizzazione dei rapporti fra la larghezza e l’altezza dell’arco delle narici e la proiezione della punta
  • la conservazione dell’integrità dei rapporti fra il setto e le cartilagini triangolari e delle valvole nasali ( interna ed esterna)

Recupero e correzione della cartilagine del setto

La cartilagine settale si inserisce in una struttura ossea composta dalla lamina perpendicolare dell’osso etmoide e dal vomere. Le deformità di questa struttura ossea non possono non determinare deformità di varia entità del setto nasale. Alcune deviazioni del setto richiedono solo un semplice riposizionamento della cartilagine settale, dopo la sua liberazione dalle strutture che lo vincolano e ne “forzano” la posizione, Si parla in questo caso di settoplastica per riposizione. Altre deformità del setto si concretizzano in una deviazione complessa, osteo cartilaginea associate a una deviazione in toto della piramide sull’asse mediano. Situazioni del genere richiedono un approccio realmente ricostruttivo al fine di ripristinare la logica funzionale dei rapporti delle strutture anatomiche coinvolte. A volte è necessario liberare una o entrambe le giunzioni setto-triangolari e mobilizzare addirittura la piramide nasale per ottenere un risultato funzionale soddisfacente durante la rinosettoplastica. Questo “ripristino” della fisiologia delle strutture settali, non può non tener conto delle caratteristiche estetiche del naso, poiché è fin troppo vero che la funzione è collegata all’estetica.


Accessi chirurgici al setto nasale; i diversi approcci

Gli accessi chirurgici alle strutture della piramide nasale sono diversi, in funzione anche delle strutture anatomiche sulle quali si desidera intervenire. Senza entrare in inutili dettagli tecnici, indicherei le due grandi categorie in cui possiamo dividere le rinoplastiche e le rinosettoplastiche. L’accesso ”chiuso” detto anche “closed” e quello “aperto” il classico accesso “open” Si tratta di due “filosofie” radicalmente diverse, ma ugualmente efficaci. L’accesso chiuso risulta meno invasivo, ma permette secondo una molteplicità di chirurghi di intervenire perfettamente su tutte le strutture nasali, permettendone la correzione. L’accesso “open” consente le medesime operazioni ma sotto visione diretta delle strutture anatomiche interessate. Il costo è una maggiore invasività, con una cicatrice esterna che nell’approccio “chiuso” naturalmente manca. La vera differenza è più filosofica che pratica. I chirurghi devono essere versatili e applicare, di volta in volta, l’approccio e la tecnica migliore in relazione all’obiettivo da raggiungere.

Osteotomie paramediane e osteotomie laterali o basali
Le osteotomie sono manovre imprescindibili nella rinoplastica e nella rinosettoplastica. Risultano fondamentali per mobilizzare prima e riposizionare successivamente la piramide nasale nella corretta posizione. Distinguiamo le osteotomie paramediane necessarie per separare le ossa nasali dal setto, consentendo la loro mobilizzazione sul versante mediale. Queste osteotomie vengono praticate “dall’interno” e separano le ossa proprie del naso sulla linea mediana. Le osteotomie laterali, dette anche basali, hanno invece lo scopo di completare la mobilizzazione delle ossa nasali lateralmente, partendo dalla giunzione con le branche montanti dell’osso mascellare superiore. Questa manovra “restringe” la piramide nasale, e ricrea la continuità delle ossa nasali sul dorso, continuità che la rimozione del gibbo (la gobba) aveva interrotto. Le osteotomie laterali possono essere praticate dall’interno delle fosse nasali, oppure dall’esterno sotto visione diretta del chirurgo. In questo secondo caso, la cicatrice derivante dall’azione dello scalpello di 2 millimetri attraverso la cute risulta invisibile.

Chirurgia della punta nasale
La chirurgia della punta nasale costituisce un capitolo di enorme importanza, costituendo quasi un mondo a sé stante nel contesto della rinoplastica. La punta può essere ridotta in volume, la sua proiezione può essere aumentata o ridotta. Esistono a questo proposito una molteplicità di tecniche che vanno dalla semplice riduzione in volume delle cartilagini alari, che costituiscono l’arco di volta delle narici, fino alla mobilizzazione completa della punta, con possibilità di favorirne la rotazione e modificarne la proiezione. Bisogna ricordare che ogni modificazione a carico della punta, ha influenza diretta sulla qualità della respirazione, in quanto in questa sede sono localizzate la prima e la seconda valvola nasale, la cui integrità deve essere mantenuta allo scopo di permettere il regolare flusso laminare delle correnti aeree, che risulta quello ideale per la corretta funzionalità respiratoria. Umidificazione e riscaldamento dell’aria inspirata, percezione corretta da parte dei recettori della mucosa nasale delle molecole odorose e quindi corretto funzionamento del senso dell’olfatto, dipendono dalla qualità dei flussi nasali dell’aria inspirata.

Rischi e complicanze della rinoplastica

Brevi cenni all'intervento di rinoplastica chiusa

Con il termine di “rinoplastica chiusa” si intende la tecnica chirurgica, o meglio l’insieme di tecniche chirurgiche, caratterizzate dal fatto che l’accesso alle strutture nasali avviene mediante incisioni praticate all’interno del vestibolo nasale, senza quindi alcuna cicatrice esterna visibile. Di conseguenza tutte le manovre che riguardano le strutture ossee e cartilaginee che compongono la piramide e la punta nasale vengono eseguite a cielo coperto, quindi non sotto visione diretta, come invece accade nella rinoplastica aperta, la cosiddetta “rinoplastica open” Il vantaggio di questo approccio chirurgico è la ridotta invasività, il che significa incisioni (e quindi cicatrici) meno estese, un ridotto trauma operatorio e tempi di recupero mediamente più rapidi. Oltretutto, incisioni meno estese significano minor rischio di deformazioni causate da processi anomali di cicatrizzazione, che nella rinoplastica chiusa sono meno estese. Lo svantaggio, o meglio il contraltare, se così lo vogliamo chiamare, è costituito dalla necessità di operare con il solo ausilio della propria esperienza e sensibilità manuale, servendosi degli strumenti come vere e proprie “estensioni” delle proprie dita, con la massima sensibilità concentrata in esse.


Rinoplastica rischi e complicazioni

La rinoplastica moderna, benché i pazienti spesso siano a priori convinti del contrario, costituisce un intervento con ridotti rischi di complicazioni, assolutamente non doloroso e gestibile senza intoppi, ma solo con un minimo di attenzione e buon senso da parte del paziente. Innanzitutto i tempi operatori. Essi sono mediamente brevi, fra un’ora e le due ore e mezza, nei casi più complicati. Questo permette il ricovero e la dimissione in regime di day hospital, anche se l’intervento si esegue in anestesia generale, sempreché per ragioni logistiche o personali i pazienti preferiscano pernottare in clinica la notte, eventualità sempre considerata nella programmazione del ricovero. Le ecchimosi periorbitarie, a volte anche molto estese, inevitabile corollario di qualunque trauma (e un intervento chirurgico nei fatti lo è) scompaiono nel giro di pochi giorni. Il tutore rigido, posto a protezione della piramide nasale, viene rimosso in decima giornata. La cerottazione successiva, applicata allo scopo di continuare a “guidare” la prima fase del processo di guarigione e cicatrizzazione dei tessuti, viene mantenuta per altri cinque/sette giorni. Possiamo quindi affermare che mediamente nell’arco di due settimane il volto del paziente tornerà ad essere libero. Per poter riprendere l’attività fisica intensa conviene attendere trenta giorni. L’assestamento dei tessuti procede come sempre per gradi. Passato il primo mese si può riprendere in ogni senso uno stile di vita normale. Piccoli fastidi, quali alterazioni della sensibilità, sono transitori. L’assestamento definitivo può richiedere molti mesi, minimo sei, ma questo fa parte della normale evolutività di una qualunque procedura operatoria. Il tutto avviene in maniera silente, senza quindi interferire minimamente con la qualità di vita dei pazienti. L’eventualità di una revisione dell’intervento per motivi prettamente estetici, o più raramente funzionali, non sono certo frequenti. Si tratta quindi di un intervento, la rinoplastica, ben tollerato, di rapida risoluzione e di notevole soddisfazione per coloro ai quali ad essa si sottopongono.

Rinoplastica etnica

Rinoplastica etnica

Appare chiaro come la differente morfologia dei visi nelle differenti razze, costituisca uno degli elementi che rende immediatamente identificabili tali soggetti nella loro diversità. Allo stesso modo gli individui “sintesi” di patrimoni genetici differenti a volte esprimono caratteristiche di straordinaria bellezza e personalità, cosa che rende così affascinanti le miriadi di “diversità” del genere umano. Nondimeno, se è vero che il naso “caucasico” per via della sua anatomia meglio si presta a essere modificato con successo, è altrettanto vero che molti pazienti di differenti etnie richiedono la rinoplastica, spesso chiedendo sì di modificare quei dettagli che giudicano come inestetismi, senza però perdere completamente gli elementi peculiari della propria connotazione razziale. Questo costituisce per il chirurgo una sfida non solo tecnica, ma soprattutto culturale. Uscire dalla propria abituale visione estetica, dai propri comuni riferimenti e canoni estetici, per abbracciarne altri. A titolo esemplificativo possiamo dire che pazienti asiatici o negroidi, la cui piramide nasale tende a essere piatta e larga, richiedono un aumento di proiezione del dorso nasale, associato ad un restringimento alla base della piramide. Un naso, per così dire, maggiormente caratterizzato nel contesto del volto. Allo stesso modo, le narici tendenzialmente appiattite e allargate, possono venire riproporzionate aumentando l’altezza del loro arco, venendo nel contempo ristrette alla base, tutto questo per conferire alla punta maggiore proiezione. Si può facilmente immaginare quanto le tecniche di rinoplastica siano state riprogettate e riprogrammate allo scopo di soddisfare le richieste di tali soggetti. Anche da un punto di vista tecnico, le soluzioni non sono alla portata di tutti e il risultato finale non certo al termine di un percorso lineare. Per intervenire su questi pazienti sono indispensabili grande conoscenza della materia, flessibilità mentale e culturale da parte del chirurgo, il quale deve porsi con grande umiltà nei confronti del paziente, evitando di fare prevalere ad ogni costo le valutazioni estetiche sue proprie, con le quali è abituato a confrontarsi e a gestirle. Il risultato finale non solo garantirà soddisfazione ai pazienti, ma amplierà a dismisura il bagaglio culturale, oltre che tecnico, del chirurgo.

Mastopessi

Uno dei più comuni inestetismi che coinvolgono la mammella, è quella condizione nota come ptosi che altro non significa che il progressivo allungamento della fisiologica distanza dei complessi areola/capezzolo da un punto fisso, comunemente considerato l’incisura del giugulo, alla base del collo. Tale distanza è normalmente di 18/19 cm e tende a crescere col passare degli anni per svariati motivi. Innanzitutto la forza di gravità che agisce forzando il legamento sospensore della mammella ad allungarsi e perdere di elasticità. In seconda battuta il peso della mammella gioca chiaramente un ruolo. I fisiologici cambiamenti della vita, aumento e calo ponderale, gravidanza e allattamento, provocano nella mammella dei cambiamenti strutturali che non possono non inciderne nell’estetica. Insomma, se escludiamo mammelle molto piccole, la ptosi, ancorché di vario grado, è una condizione fisiologica inevitabile. Quando i complessi areola/capezzolo giungono a trovarsi al di sotto di una linea ideale che passa per il solco sottomammario, per risollevare la mammella è necessaria la mastopessi ; il “lifting del seno”, accompagnato o meno dall’impianto delle protesi, allo scopo di correggerne anche l’ipotrofia ghiandolare.

Questo intervento viene correttamente eseguito in regime di ricovero in clinica, in anestesia generale e ha una durata di circa tre ore. E’ normale prevedere una notte di osservazione e la dimissione il mattino successivo, effettuate le normali verifiche sul decorso postoperatorio e le condizioni generali della paziente. La gestione del postoperatorio non presenta di solito particolari inconvenienti. Il rinnovo delle medicazioni, la rimozione dei punti di sutura, il monitoraggio della progressiva guarigione e assestamento dei tessuti, occupano mediamente un paio di settimane. Successivamente i controlli si allungano nel tempo, come nella routine di qualunque intervento chirurgico, fino alla definitiva guarigione e ripresa delle normali attività personali e lavorative.


Età e allattamento al seno

Non esiste un periodo ideale per sottoporsi all’intervento di mastopessi. Molto dipende da quanto questo inestetismo condiziona l’autostima e la vita di relazione delle pazienti. Non è affatto infrequente che la richiesta di visita specialistica per una eventuale mastopessi provenga da donne giovani. E’ naturale che la ptosi mammaria, specie se accentuata, condizioni sfavorevolmente una donna giovane o mediamente giovane, venendo invece considerata e in fondo accettata come fisiologica da donne più mature. A questo proposito, un elemento importante di valutazione della tempistica è quello della documentata in letteratura scientifica possibilità di riduzione delle capacità di allattamento da parte delle pazienti operate. Questa complicazione, tanto nota quanto potenzialmente condizionante la scelta delle pazienti, è frutto delle modalità tecniche inerenti alla sua esecuzione. Si tratta di un intervento comunque invasivo che coinvolge strutture estremamente delicate, la cui riduzione di funzionalità è da tenere presente.


La fase preliminare all’intervento: la visita specialistica

Il primo passo è quello della visita specialistica. Per quanto oramai sul web siano presenti informazioni di ogni genere, inclusa la possibilità di confrontare la propria esperienza con quella di altre pazienti interessate all’intervento o addirittura già operate, nulla può e deve sostituire il colloquio diretto con lo specialista. Inviare una foto e avere in risposta un prima valutazione di merito, è una cosa accettabile, oramai entrata nella routine del rapporto medico/paziente, ma nulla può e deve sostituire il confronto diretto con il professionista. E’ quella la sede di reale valutazione delle problematiche, tanto inerenti all’intervento in sé, quanto inerenti alla paziente. Le due cose devono necessariamente trovare la loro sintesi e questo può avvenire solo faccia a faccia. Reale indicazione all’intervento, tempistiche, modalità tecniche, aspettative delle pazienti e reali aspettative di risultato, impegno economico, complicazioni potenziali, sono molti ma non tutti gli aspetti che il confronto diretto andrà a chiarire.


La fase operatoria

La fase preliminare all’intervento: la visita specialistica


Dopo la mastopessi; la fase del post operatorio

Il periodo postoperatorio è di solito facilmente gestito e ben tollerato dalle pazienti, nonostante la complessità e l’invasività dell’intervento. Medicazioni e rimozione dei punti si completano nell’arco di un paio di settimane. Gli elementi da monitorare sono in prima battuta la vitalità dei complessi areola/capezzolo, il progressivo ridursi fino a scomparire delle ecchimosi, la corretta tenuta delle suture e l’andamento generale del processo di guarigione. L’utilizzo del reggiseno contenitivo è molto importante perché costituisce un perfetto e anatomico sostegno ai tessuti, meglio di qualunque bendaggio che risulterebbe comunque costrittivo. Oltretutto permette alle pazienti di vestirsi agevolmente e quindi una buona disinvoltura, anche comportamentale, nell’ambiente familiare lavorativo e personale.Dopo il primo mese i controlli si fanno routinari limitandosi, in assenza di complicazioni, alla valutazione e monitorizzazione del percorso di guarigione. Nel caso che alla mastopessi venga associato l’impianto o anche la sostituzione delle protesi mammarie, il percorso non si discosta da quanto appena detto. Il monitoraggio coinvolgerà ovviamente il corretto assestamento degli impianti, oltre a tutti i parametri citati in precedenza.

In ultimo ricordiamo che la mastopessi modifica radicalmente in meglio l’estetica delle mammelle, ma non può certo cristallizzare per sempre una situazione. Il seno vive con il corpo e ne condivide tutte le avventure ed i passaggi nel tempo. Possiamo dire che questo intervento riporta indietro le lancette del tempo, restituendo al seno un aspetto più florido e giovanile, ma non lo può fermare. Non si può quindi escludere che con il passare degli anni le pazienti più esigenti possano richiedere ulteriori procedure per mantenerne sempre intatta l’estetica.

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Le ragazze ebree non richiedono la rinoplastica

Le caratteristiche somatiche non solo differenziano ogni individuo dall’altro, ma spesso in determinati elementi comuni identificano interi gruppi etnici. Né è un esempio il naso aquilino, carattere tipico dei soggetti, uomini e donne, di razza ebraica. Di questo carattere così spiccatamente identificativo, negli anni 80/90 veniva frequentemente chiesta la correzione, richiedendo i pazienti un profilo meno caratterizzato e più in linea con il gusto occidentale. Una volta visto come un ostacolo alla tradizionale bellezza, molti soggetti di razza ebraica stanno accettando i loro nasi naturali e non prendono quindi in considerazione la rinoplastica. Il numero di interventi di rinoplastica su soggetti di razza ebraica è sceso del 37% a partire dal 2000, secondo l’American Society of Plastic Surgeons.
La rinoplastica, mentre è in aumento in Asia, negli afro-americani e negli ispanici, sta diventando sempre meno popolare tra gli ebrei moderni. Molti di loro stanno abbracciando la loro eredità etnica e sentono meno pressione ad uniformarsi con un modello estetico occidentale.

“Ci sono altri gruppi etnici che hanno preso il posto degli ebrei in ciò che facevano una o due generazioni fa”, ha detto il Dr. Ira Papel, un chirurgo plastico di Baltimora.
È interessante notare che mentre sempre più pazienti non-ebrei ricercano la chirurgia plastica, gli ebrei vogliono conservare il loro carattere razziale. Questa affermazione è del tutto condivisibile e si presta a considerazioni di ordine sociale e socio politiche di una certa rilevanza. In una epoca come l’attuale di economia globale, in un mondo dove spostarsi, anche da un capo all’altro del pianeta, costituisce non più un’avventura, ma una opzione umanamente e professionalmente sempre più praticabile, si manifesta sempre di più da parte dei cittadini del mondo il desiderio di mantenere e ostentare i caratteri identificativi del proprio gruppo in ambito politico, sociale e religioso. A nessuno di noi è sfuggito come l’ostentazione del velo da parte delle giovani donne islamiche trasferite alle nostre latitudini, abbia perso le caratteristiche del vezzo, acquisendo una valenza identitaria.
“Il paziente tipico asiatico che si sottopone ad un intervento di chirurgia delle palpebre desidera un occhio più ampio che abbia un aspetto naturale rispetto al volto asiatico e mantenga una forma a mandorla,” ha scritto l’ ASPS nel 2010. “Un afro-americano può decidere di ridurre la dimensione del naso per raggiungere un equilibrio armonico con le altre caratteristiche del viso, ma non è alla ricerca di un naso che sia più europeo”.
Secondo Bernice Schrank, autore del saggio accademico “Tagliare il naso per far dispetto alla propria razza”, molti attori e attrici si sottopongono alla rinoplastica e correggono il loro naso per “passare” come un membro della razza dominante e poter così interpretare anche ruoli non-etnici. L’autore cita l’attrice Sarah Jessica Parker che ha modificato il suo aspetto e ciò è stato parte della ragione del suo successo nel ruolo della newyorkese non-etnica Carrie Bradshaw nella serie televisiva “Sex and the City.”
La star Lea Michele ha dichiarato di avere resistito alla tentazione di rimpicciolire il naso, nonostante le pressioni di Hollywood. “Quanti manager mi hanno detto: “Fai la rinoplastica. Non sei abbastanza carina”, ha riferito all’ Harper Bazaar. “Ma ho dimostrato loro che si sbagliavano.”
Mentre non sembra esserci fine alle celebrità che fanno la rinoplastica, la tendenza potrebbe essere in calo per le ragazze ebree. “Ciò è dovuto ad un maggiore orgoglio etnico ed al calo del desiderio di non sembrare ebraici” ha dichiarato Melvin Konner della Emory University e medico antropologo. “Che è il motivo per cui è stata inventata la rinoplastica.”

Le occhiaie prima preoccupazione estetica nelle donne

Nell’ambito degli inestetismi appannaggio del distretto oculo palpebrale, un posto di assoluto rilievo deve essere assegnato a quello noto con il termine di occhiaie. Con questa parola si suole indicare la colorazione bluastra della cute palpebrale e sottopalpebrale inferiore. Questo inestetismo è semplicemente il frutto della estrema sottigliezza della cute di questo distretto, la quale lascia intravedere il colore del sangue venoso povero di ossigeno, e quindi bluastro a differenza di quello arterioso riccamente ossigenato di colore rosso vivo, che scorre nei capillari del derma della cute palpebrale. I pazienti spesso confondono la genesi e le possibili soluzioni a tale problema, presentandosi al consulto con lo specialista richiedendo di essere trattati con la blefaroplastica. La blefaroplastica, in questo caso inferiore, non ha alcuna indicazione nel trattamento di tale inestetismo, anzi può addirittura, per via del riarrangiamento cicatriziale che accompagna qualsivoglia manovra chirurgica, peggiorare la situazione, rendendo la circolazione capillare di questo distretto ancora più difficoltosa. Una seconda condizione che i pazienti spesso confondono con le “occhiaie” è l’accentuazione del solco sottopalpebrale, dovuto solitamente alla particolare incavatura dell’orbita con il bulbo oculare. A volte questo aspetto ha origine costituzionale, altre volte si manifesta in pazienti allettati per gravi patologie o defedati, quindi vittima di forte dimagrimento. Per la correzione delle occhiaie sono stati proposti molti rimedi, alcuni dei quali potenzialmente addirittura peggiorativi del problema. Trattandosi di un inestetismo generato da una condizione del tutto fisiologica, quale il normale scorrere del sangue all’interno dei capillari sanguigni, il trattamento più efficace e certamente meno costoso, è quello del semplice camouflage con il correttore del colore. Un presidio che le donne, abituate a truccarsi, conoscono molto bene. Pena la ovvia ripetitività del trattamento, esso offre un ottimo risultato, nessuna invasività e costi quantomai contenuti! Viene spesso proposta la laserterapia, ovviamente sfruttando una lunghezza d’onda del laser tarata sul colore rosso e quindi sul sangue dei capillari. E’un trattamento molto rischioso, aggressivo per la sottilissima cute della palpebra. Ad esso può risultare una cute dall’aspetto vecchieggiante per l‘insulto subito con discromie per via del risultato parziale, oltre ad essere ben più costoso di un semplice correttore del colore.

Per quanto riguarda l’accentuazione del solco sottopalpebrale, alcuni propongo l’infiltrazione con l’acido jaluronico particolarmente fluido o addirittura, in corso di blefaroplastica inferiore, il ribaltamento delle ernie adipose inferiori a foderare il solco rendendolo così meno evidente. L’infiltrazione di questa regione deve essere praticata da mani espertissime, stante la delicatezza dei tessuti coinvolti. Nel secondo caso, si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico, con tutti i vantaggi, i costi e i rischi che ad esso conseguono.

Dermatocalasi

Con il termine di dermatocalasi si indica quella condizione caratterizzata dall’aumento della lassità della cute della palpebra superiore. Questa condizione conduce alla formazione di una antiestetica tenda cutanea, che può addirittura superare il margine palpebrale, addirittura con riduzione dello spazio visivo. Questo inestetismo, che può sfociare anche in una vera e propria limitazione funzionale, viene corretto con l’intervento di blefaroplastica superiore che, attraverso una escissione a losanga della cute palpebrale in eccesso, permette di ricostituire la normale morfologia della palpebra superiore.
La dermatocalasi è un inestetismo comune nelle persone anziane anche se può comparire in soggetti di età media. Il progressivo aumento della lassità cutanea con la sua estrema sottigliezza e l’indebolimento del tessuto connettivo, concorrono a rendere il tessuto palpebrale lasso ed eccedente. Questi difetti sono più comuni nelle palpebre superiori, ma possono presentarsi anche nelle palpebre inferiori, anche se in misura più modesta. A livello inferiore sono assai più frequenti le ernie adipose che appesantiscono l’occhio e danno l’immagine di una ridondanza anche cutanea, che spesso, alla prova dei fatti, risulta assente.

Alcune malattie sistemiche possono predisporre i pazienti a sviluppare la dermatocalasi. Tra queste le patologie tiroidee, l’insufficienza renale, i traumi, la cutis laxa, la sindrome di Ehlers-Danlos, l’amiloidosi, l’edema angioneurotico ereditario, e lo xantoma palpebrale o xantelasma. Anche fattori genetici possono giocare un ruolo in alcuni pazienti.

La dermatocalasi può costituire tanto un problema funzionale quanto estetico per i pazienti. Quando è funzionale, la dermatocalasi ostruisce frequentemente il campo visivo, per via della tenda di cute che scende verso il basso. Inoltre, i pazienti possono riscontrare irritazione oculare, entropion della palpebra superiore, ectropion della palpebra inferiore, blefarite, e dermatiti. Quando estetico, i pazienti lamentano una pienezza o pesantezza delle palpebre superiori, “borse” nelle palpebre inferiori, e rughe delle palpebre inferiori e del canto laterale.

Un altro inestetismo che spesso si accompagna alla dermatocalasi è frutto della erniazione parziale del grasso periorbitario dal setto che lo contiene. Questa condizione è molto più evidente, se presente, a livello delle palpebre inferiori e può, a differenza della precedente, essere appannaggio anche di soggetti giovani. Esso è associato spesso con la dermatocalasi. Le ernie adipose a livello delle palpebre superiori si presentano in posizione mediale e mediana. Inferiormente possono presentarsi in posizione laterale, mediale e mediana.

La sindrome della blefarocalasi è separata e distinta dalla dermatocalasi ed è una malattia rara che colpisce in genere le palpebre superiori. La sindrome della blefarocalasi è caratterizzata da edema palpebrale intermittente, che ricorre frequentemente. Questo determina il rilassamento del tessuto palpebrale e conseguente atrofia. In circa il 50% dei pazienti è unilaterale.

Liposuzione liposcultura

La liposuzione costituisce in ambito estetico l’intervento maggiormente praticato al mondo. Grazie alla sua estrema versatilità, che le permette di trattare con successo una infinità di inestetismi nell’ambito della plastica del profilo corporeo, unita ad una relativa semplicità “tecnica” di esecuzione, viene praticata da una molteplicità di professionisti e non sempre in strutture adeguate all’esecuzione di quello che è, a tutti gli effetti, un intervento chirurgico.  Dobbiamo a questo punto fare un passo indietro e aprire una parentesi. Abbiamo parlato di “relativa semplicità tecnica” di esecuzione. Il termine semplicità non dovrebbe mai essere utilizzato in medicina, in quanto estremamente fuorviante. Se anche un profano comprende senza fatica che un intervento a cuore aperto sia tecnicamente più “difficile” di quanto non sia eseguire una liposuzione, questo non significa che la liposuzione sia una procedura semplice. Qualunque intervento, dalla grande chirurgia all’estrazione di un dente, passando per la liposuzione, deve rispettare degli standard rigorosissimi sia dal lato delle strutture nelle quali esso viene eseguito, della preparazione dei professionisti, della preparazione dei pazienti e della gestione del postoperatorio. Il miglioramento e l’affinamento dello strumentario chirurgico ad essa dedicato, ha consentito il passaggio a interventi sempre più fini e mirati a correggere inestetismi di minima entità ma condizionanti l’estetica e l’autostima dei pazienti. Nasce da questi presupposti il termine liposcultura. Un intervento mirato, quindi di minore impatto sui tessuti del paziente, tale da consentire un recupero delle normali attività, se non immediato comunque molto rapido. Tutti elementi scientificamente validi e commercialmente assai più “palatabili” agli occhi dei potenziali candidati, trattando pur sempre di un trattamento da “vendere”

Liposuzione e liposcultura si occupano con modalità differenti della stessa cosa. Ridefinire e ridisegnare il profilo corporeo. Addome, fianchi, regione glutea, arti superiori e inferiori; persino il mento e la regione sottomentoniera sono le zone maggiormente interessate a essere modellate con la liposuzione e la liposcultura. Quello che differisce è la preparazione e la pianificazione tecnica dell’intervento. Wet liposuction, tecnica super wet, fino alle tecniche tumescenti e quelle che prevedono il predeposito sanguigno, sono molte delle carte che i chirurghi possono spendere, calibrando l’intervento sulla specificità del caso clinico potenzialmente idoneo ad essere trattato.

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