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Chirurgia estetica della mammella

Mastoplastica additiva, mastoplastica riduttiva, mastopessi. Differenti opzioni per rispondere alle esigenze di natura estetica e funzionale della chirurgia della mammella

La mammella, quale elemento non solo funzionale ma anche di grande impatto estetico della figura femminile, può con l’incedere del tempo essere vittima di diverse patologie, o anche semplici inestetismi, che ne condizionano l’aspetto. Il seno “vive” insieme al resto del corpo e condivide con esso tutti gli accadimenti dell’esistenza, nella buona e nella cattiva sorte. Il seno può presentarsi piccolo, o virtualmente assente, oppure ancora perdere leggermente di tono e consistenza con l’andare degli anni. In questo caso la mastoplastica additiva, che permette di incrementarne il volume attraverso l’impianto delle protesi, costituisce la scelta più idonea. Quando la mammella, per effetto di importanti sbalzi di peso, oppure per via degli stimoli ormonali durante la gravidanza e l’allattamento, vede il suo tono ridursi in maniera cospicua e i complessi areola/capezzolo aumentare la loro distanza dalla linea del giugulo, fino addirittura a superare verso il basso la linea ideale che passa per il solco sottomammario, non è più possibile correggere il suo aspetto con il mero impianto di ulteriore volume, ma si rende necessario “liftare” la mammella verso l’alto, configurandosi l’intervento noto come mastopessi. Mastopessi e aumento di volume mediante l’impianto delle protesi non sono termini, o procedure chirurgiche, in contraddizione. Anzi, a volte le due tecniche si embricano, nei casi in cui l’impoverimento del tessuto mammario è stato di tale entità da aver lasciato quasi soltanto l’involucro cutaneo, quale simulacro del seno che non c’è più.

Altro capitolo è quello di una mammella troppo voluminosa, con tutti i disturbi che a questa condizione possono seguire. Non solamente l’imbarazzo da un punto di vista estetico, ma una vera e propria condizione di disagio con disturbi funzionali che possono coinvolgere la colonna vertebrale e le spalle, per via del peso eccessivo. In queste situazioni, imperativo è ridurre il volume mammario entro limiti consoni al recupero dei disagi funzionali. La mastoplastica riduttiva è in questo caso l’intervento di scelta. Di seguito alcune brevi note esplicative.

Leggi tutto sulla Chirurgia estetica del seno – Pagina di approfondimento alla chirurgia estetica del seno del sito ufficiale del Dr. Dauro Reale, specialista in chirurgia estetica.


Mastoplastica additiva

La mastoplastica additiva aumenta il volume mammario attraverso l’impianto di protesi di varia forma e volume. Dire “protesi” è come aprire un mondo. Gli impianti si differenziano in prima battuta in base alle loro caratteristiche costruttive. La maggior parte di essi sono costituiti da un involucro in silicone, la cui superficie può essere liscia, massimizzandone la morbidezza, oppure “ruvida”: Il termine appropriato è “testurizzata”. Questa parola rende scientificamente ragione di un particolare trattamento dell’involucro, eseguito allo scopo di ridurre l’incidenza percentuale della contrattura capsulare patologica, complicazione principe dell’impianto di protesi, che con gli impianti lisci di prima generazione (ricordiamo che gli impianti mammari nascono negli anni 60) risultava statisticamente troppo significativa. Oggi, con il deciso miglioramento della qualità costruttiva degli impianti, tale problematica si è sostanzialmente ridotta. Prova ne sia che tutte le principali aziende del settore stanno raffinando le metodologie di testurizzazione dei propri prodotti. Si parla ora di microtesturizzazione e addirittura di  nanotesturizzazione allo scopo di avvicinarsi sempre di più alla morbidezza tipica delle superfici lisce. Le protesi si differenziano poi in rotonde e anatomiche. La differenza sta nell’uniformità del profilo per le rotonde, mentre quelle anatomiche si presentano maggiormente rappresentate nel polo inferiore a discapito di quello superiore. Per ognuna di queste tipologie, sono previste una infinità di misure e di volumi, espressi in cc, oltre a almeno 4 differenti proiezioni (bassa, media, alta, extraproiezione). Va da sé che per ogni paziente sarà possibile trovare l’impianto idoneo, considerando l’anatomia di base e le aspettative di risultato. Un ultimo ritrovato della tecnica è rappresentato dalle protesi cosiddette ergonomiche, nelle quali la tipologia del gel consente in posizione verticale, partendo da un profilo rotondo, il suo assestamento verso il polo inferiore, simulando ancora di più un seno naturale.


Mastopessi

Nei casi in cui la ptosi mammaria raggiunge i limiti oltre i quali non è più possibile la correzione mediante il semplice aumento del volume, si rende necessario eseguire un vero e proprio “lifting” della mammella, ricompattando e riposizionando la componente ghiandolare/adiposa e, nel contempo, eliminando la cute in eccesso. Si parla di mastopessi, alla quale può associarsi o meno l’impianto di protesi. Nel primo caso la ptosi è solamente cutanea, con la presenza di una componente ghiandolare ancora ben rappresentata. Nel secondo caso, alla ptosi cutanea si associa l’ipotrofia ghiandolare, con conseguente eccessiva riduzione di tono della mammella in toto e conseguente necessità del suo ripristino. I differenti gradi di ptosi e i volumi mammari presenti, condizionano le tecniche operatorie, non a caso numerose nella letteratura scientifica al riguardo. In sintesi, ciò che varia è soprattutto l’estensione delle cicatrici. Dalla sola periareolare, appannaggio della tecnica nota come “round block”, fino alla classica T rovesciata, che prevede oltra a quella periareolare anche la branca verticale e quella orizzontale nei limiti del solco sottomammario. Ovviamente in sede di visita specialistica tutti questi aspetti saranno correttamente valutati dallo specialista che ne renderà edotta la paziente.


Mastoplastica riduttiva

L’indicazione a questo intervento è insita nel suo stesso nome. Un seno troppo voluminoso può condurre a situazioni di carattere disfunzionale, quali dolori alle spalle, sensazione di disagio per il peso eccessivo, vere e proprie modificazioni scheletriche a carico della colonna vertebrale, oltre naturalmente ad un marcato disagio estetico. Ridurre il volume del seno può quindi avere una duplice funzione, con sensibili miglioramenti nella qualità di vita delle pazienti. L’entità della riduzione deve essere calibrata. Da un lato per consentire alle candidate all’intervento, comunque abituate ad un seno voluminoso, di non ritrovarsi di punto in bianco con un torace radicalmente differente, cosa che le pazienti stesse nella quasi totalità dei casi dichiarano di non volere. In secondo ordine, l’eccessiva demolizione dei tessuti comporta problematiche di sopravvivenza e vitalità del tessuto residuo. Bisogna quindi essere sempre oculati nella pianificazione operatoria e nell’esecuzione tecnica.


Ricostruzione mammaria

Si tratta di un ambito completamente differente, nel quale le considerazioni di natura estetica sembrerebbero lasciare il passo a quelle sull’integrità fisica delle pazienti, ma che anche in questi casi entrano prepotentemente. L’oncologia mammaria ha fatto passi da gigante, permettendo di unire l’indispensabile radicalità chirurgica a demolizioni sempre più mirate, che lasciano quindi aperti al chirurgo ampi spiragli per una ricostruzione efficace. Si tratta, come detto, di un capitolo vastissimo che necessita per forza di cose di essere trattato in maniera non sintetica.